Nel Discorso n° 10 del Canone Pali Majjhima Nikaya, il Buddha guida i monaci nella pratica delle “quattro applicazioni dell’attenzione” per la purificazione e il superamento delle sofferenze. Incoraggia la consapevolezza del corpo, delle sensazioni, della mente e delle formazioni mentali. Il monaco si esercita ad osservare il respiro e le attività corporee, sviluppando chiarezza e attenzione. La pratica, se protratta, promette la perfetta saggezza o uno stato senza ritorno. Anche un periodo relativamente breve di sette giorni può portare benefici significativi. Il Buddha sottolinea che questa via è la chiave per la purificazione e il raggiungimento del Nibbana.
Frammenti essenziali dal Canone Pali Majjhima Nikaja – Discorso n° 10
L’applicazione dell’attenzione
«Così ho udito: Una volta il Signore Buddha si trovava nel paese dei Kuru, in una città dei Kuru chiamata Kammassadhamma. Mentre si trovava là, si rivolse ai monaci appellandoli: “O monaci”. “Si, o Signore” risposero i monaci ponendosi attenti. E il Signore Buddha disse: “Vi è una sola Via o monaci per purificare gli esseri, per vincere le inquietudini, e le sofferenze, per eliminare i dolori e le miserie, per entrare nel giusto Cammino e realizzare il Nibbana e questa Via consiste nelle quattro applicazioni dell’attenzione. Quali quattro?
Un monaco si applica alla contemplazione del corpo come corpo, con ardore, chiaramente consapevole e attento, così da controllare le bramosie e gli inganni causati dai sensi; …omissis: la stessa formula, oltre che per la contemplazione del corpo come corpo viene ripetuta per le sensazioni, la mente, le formazioni mentali.
E come può un monaco applicarsi a contemplare il corpo come corpo? Esso dopo essersi ritirato in una foresta, oppure ai piedi di un albero o anche in un luogo isolato, si siede con le gambe incrociate, con la schiena eretta, ponendo la sua attenzione di fronte a sé. Attento egli inspira e attento egli espira. Se sta facendo una inspirazione lunga è consapevole: “Sto facendo una inspirazione lunga”; oppure se sta facendo una espirazione lunga è consapevole: “Sto facendo una espirazione lunga”; idem per inspirazione ed espirazione corta. Egli si allena così pensando: “Inspirerò esperimentando ogni parte del corpo (del respiro)”; oppure si allena pensando: “Espirerò esperimentando ogni parte del corpo (del respiro)”. O anche si allena pensando: “Inspirerò tranquillizzando le attività del corpo (del respiro)”; oppure si allena pensando: “Espirerò tranquillizzando le attività del corpo (del respiro)”.
O monaci, così come un abile tornitore o un apprendista tornitore quando fa una passata lunga pensa: “Sto facendo una passata lunga” o quando fa una passata corta pensa: “Ora sto facendo una passata corta”, nella stessa maniera un monaco che sta inspirando o espirando un respiro lungo o corto è consapevole di inspirare o espirare un respiro lungo o corto e si allena sperimentando inspirazione e espirazione lunga o corta su tutte le parti del corpo (del respiro) tranquillizzando in tal modo le sue attività corporali.
Così un monaco si applica alla contemplazione del corpo come corpo sia dall’ interno che dall’ esterno, oppure contemplandolo alternativamente dall’ interno e dall’ esterno. O anche dimora contemplando nel corpo il sorgere delle cose e il dissolversi delle cose. Oppure anche pensando: “Questo è il corpo”, egli fissa l’ attenzione appena il tempo necessario per una chiara comprensione e una appropriata attenzione di questo, ma resta indipendente e senza attaccamento verso alcuna cosa del mondo. E’ così anche o monaci che un monaco si applica alla contemplazione del corpo come corpo.
E ancora o monaci, un monaco quando cammina è consapevole “Sto camminando”; oppure quando è in piedi fermo, è consapevole: “Sto in piedi fermo”; quando è seduto, è consapevole “Sto seduto”; oppure quando è sdraiato, è consapevole: “Sto sdraiato”. Così, in qualunque posizione sia il suo corpo, egli ne è consapevole. In tal modo si applica contemplando il suo corpo sia dall’ interno che dall’ esterno, contemplando il sorgere e il dissolversi delle cose nel corpo oppure anche pensando: “Questo è il corpo” fissa la sua attenzione appena il tempo necessario per una chiara comprensione ed una appropriata attenzione di questo senza però attaccarsi ad alcunché del corpo. Ed è così anche che un monaco contempla il corpo come corpo.
… omissis: segue la descrizione del corpo come involucro, della sua caducità; seguono, con lo stesso metodo appena descritto per la contemplazione del corpo come corpo, quella delle sensazioni come sensazioni, della mente come mente, delle formazioni mentali come formazioni mentali.
Chiunque, o monaci, svilupperà queste quattro applicazioni dell’attenzione per sette anni, ne avrà come risultato o il raggiungimento della perfetta conoscenza qui ed ora oppure restando alcun residuo (karmico), uno stato futuro senza ritorno in questo mondo. Ma non occorrono sette anni. Chiunque, o monaci, svilupperà queste quattro applicazioni dell’ attenzione per sei anni, cinque anni, quattro anni, tre anni, due anni, un solo anno, otterrà sempre uno di questi due frutti: o la perfetta saggezza qui e ora oppure, restando alcun residuo (karmico), uno stato senza ritorno in questo mondo. Ma o monaci, neppure un anno è necessario. Chiunque svilupperà queste quattro applicazioni dell’attenzione per sette mesi, sei mesi, cinque mesi, quattro mesi, tre mesi, due mesi, un solo mese o anche mezzo mese o sette giorni soltanto avrà come risultato uno dei due frutti: o la perfetta saggezza qui e ora oppure, restando un residuo karmico, la condizione di un essere che non tornerà più in questo mondo. Quanto detto chiarisce la mia dichiarazione: “Vi è una sola via o monaci per la purificazione degli esseri, per vincere la sofferenza e l’insoddisfazione, per eliminare il dolore e le miserie, per guadagnare il giusto Cammino, per realizzare il Nibbana, ed è quella delle quattro applicazioni dell’ attenzione”.
Così parlò il Signore Buddha. Contenti i monaci si rallegrarono per quanto il Signore Buddha aveva detto.»
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