Un bel quesito, per taluni persino un dilemma: come uscire dal labirinto della mente, come superare le proprie idiosincrasie personali, come tranquillizzarsi, come riconoscere – se non ricevere – un sia pur piccolo barlume dell’assoluto? E’ presto detto. Dalla mente non si può uscire, noi siamo la mente, ma nel suo complesso. Bisognerebbe, cioè, evitare d’identificarsi inconsciamente con i pensieri. Noi siamo soprattutto coscienza e la direzione verso cui protendere, contrapposta alla dimenticanza e all’oblio, è proprio quella della consapevolezza. La meditazione di consapevolezza presuppone attenzione sia alle singole idee che di tanto in tanto attraversano come nubi il cielo, intrinsecamente limpido, della propria coscienza, che ai moti dell’animo, agli impulsi, così come al silenzio che si genera quando la mente, pur rimanendo all’erta, riposa spontaneamente.
I cosiddetti dilemmi, i quesiti pressoché insolubili, non esistono. Per meditare devi prendere atto che è la mente stessa a creare i labirinti senza via d’uscita intorno a cui si cimenta per tentare di procrastinare se stessa, le proprie identificazioni fittizie. Per alimentare l’ego, che in apparenza le dona la forza per combattere e superare la battaglia della vita, inventa tutta una serie di difficoltà relativamente insormontabili. Ti prego di considerare che la prassi meditativa non coincide per forza di cose con quella psicologica. Qui siamo in ambito prettamente spirituale.
Prendi, dunque atto, che tu vai bene così come sei. Non devi migliorarti, ma riconoscere ed accettare quelle pulsioni che ti sospingono verso l’alto, che ti consentono di diventare viepiù consapevole, di riconoscere che la tua essenza coincide con quella di tutti gli esseri senzienti, di ammettere che non siamo isole separate, ma reciprocamente interdipendenti. Siedi dritto. Ora la tua coscienza converge verso l’alto. Lo vedi che sei già una vetta di bontà? Comportati di conseguenza.