Come si fa a raggiungere la consapevolezza? Com’è possibile guardarsi con distacco, essendo consapevoli delle varie emozioni, stimoli, pensieri senza che questi possano turbare la quiete interna?
Per quanto mi riguarda rivolgo l’attenzione al flusso spontaneo del respiro. Dopo un po’ di tempo, è individuale, ma diciamo pochi giorni o al massimo settimane, ti accorgerai che dalla consapevolezza del tuo respiro sarai passato spontaneamente ad uno stato di consapevolezza più diffuso, generalizzato. Comincerai a nutrire più fiducia in te stesso. Ti accenno qualche rudimento che sono riuscito ad assimilare solo dopo tanto. Non cercare mai i risultati durante l’esercizio.
La mia risposta si basa su un’esperienza soggettiva. Nessuna pretesa d’insegnare, ma solo il desiderio di comunicare.
Gli occhi possono esser mantenuti sia aperti che chiusi o socchiusi. Non ha importanza. Fai come preferisci, come ti sembra più utile. Personalmente li chiudo.
Quando ti rendi conto di esserti distratto riprendi l’osservazione.
Non devi sacrificarti affatto. Nella maniera più assoluta! Assumi una posizione confortevole, anatomicamente corretta. Se ti è impossibile o difficile adopera uno sgabello con lo schienale.
Non esagerare nemmeno nella durata per il semplice motivo che non appena sarai entrato in sintonia con l’esercizio, e quindi con te stesso, ti sarà facile trovare il giusto raccoglimento e stabilire quanto tempo riservargli. D’altra parte un ritaglio durante il corso della giornata c’è quasi sempre. Puoi benissimo meditare dinanzi il PC (spento).
Per il momento posso ribadire unicamente questo suggerimento: rammenta che non servono affatto sforzi, bensì pazienza.
E se il respiro divenisse sempre più flebile sino a sembrare quasi impercettibile?
Può accadere. E non solo osservando espressamente il respiro, ma pure pregando in silenzio, oppure contemplando soggetti religiosi, … Le possibilità sono tante. Personalmente non sono attratto dal misticismo, via che d’altra parte implicherebbe inevitabilmente cure, attenzioni e circostanze ben diverse da una semplice e solitaria seduta meditativa. In questa società bisognerebbe propendere alla presenza di spirito come all’efficienza. Quando mi ritrovai in stati d’animo particolarmente contemplativi, il mio insegnante mi richiamò alla realtà sollecitandomi a reagire camminando e lavorando consapevolmente.
Esiste anche la possibilità di continuare ad osservare il respiro fin nei minimi dettagli risalendo all’impulso della mente che determina il movimento fisico. A questi livelli di pratica l’attenzione diventa così acuta che la consapevolezza non è più un miraggio. Una presenza di spirito che si riflette a sua volta sulla chiarezza della percezione.
Controllo del respiro
Di tanto in tanto — per approfondire meglio determinati argomenti — mi servo dei quesiti, inoltrati dai visitatori, cui via via mi capita di rispondere.
Nome: John
Oggetto: Controllo del respiro
Quesito
Ciao, è qualche giorno che ho trovato questo sito e ho fatto alcuni primi esercizi e tentativi di meditazione. Ho provato la tecnica della consapevolezza del respiro, e ho letto l’articolo di approfondimento dell’Anapana-sati.
Ho tuttavia notato che mi è difficile non influenzare il respiro mentre mi concentro su di esso. Infatti, non appena divento cosciente del mio respiro, subito ho l’impressione che il suo controllo passi dall’involontario al volontario, ragion per cui non segue più il suo ritmo naturale, ma quello che gli imprimo consciamente. E’ solo una mia impressione? O devo cercare di lasciare che ritorni al ritmo involontario?
Risposta
Gent.mo, ti ringrazio per il quesito. Tieni presente che il sito ha solo finalità culturali. Non forniamo supporto alla pratica individuale. Qualunque risposta sarà, quindi, per forza di cose approssimativa e generica.
Come giustamente consideri, l’atto stesso di osservare il respiro lo influenza comunque. A volte, durante le prime fasi, è necessaria un po’ di concentrazione. In un secondo momento la pratica diverrà più spontanea. Per evitare d’influenzarne eccessivamente il ritmo alcune tradizioni consigliano di assumere la posizione di un testimone distaccato e imparziale. Suggeriscono, cioè, osservare il respiro come se stesse accadendo a qualcun altro.
La chiave dell’esercizio non consiste nel controllo, ma nell’attenzione. Meditare è come galleggiare nell’acqua in posizione supina. Solo che nel nostro caso l’elemento acqua è rappresentato dalla coscienza. Osservare il respiro è come cavalcare il flusso della coscienza.
Nessuna imposizione. In realtà si tratta solo di un approccio amichevole verso se stessi cui dovrebbe seguire un opportuno, quanto spontaneo rilassamento. Il fatto curioso è che a seguito di questa calma l’attenzione meramente esteriore si convertirà in vera concentrazione interiore. Ci si sentirà, quindi, più sensibili, svegli e attivi.
Gli sforzi deliberati non fanno altro che distoglierci dal nostro vero obbiettivo. L’esperienza che non esiste obbiettivo. E’ tutto un gioco. Ci stiamo muovendo in circolo rincorrendo le proiezioni della nostra stessa ombra. Tuttavia un conto è leggerlo, capirlo ed eventualmente dissentirne o condividerlo, ben altro esperire. Meditare serve solo a scoprire direttamente, in prima persona, che la coscienza non è esclusivamente individuale.
Spero tanto di averti confuso le idee sino al punto da rinunciare alla meditazione. A che pro trastullarsi con siffatti balocchi quando la realtà è già, di per sé, così semplice?
Interferenze
Ricorro ancora all’aiuto di un altro lettore che ci pone un quesito indubbiamente stimolante. Noi non offriamo risposte esaustive, come d’altronde non pretende di esserlo nemmeno l’articolo. Bensì spunti per familiarizzare ulteriormente con il tema proposto, ovverosia eccepire, in prospettiva critica, quanto illustrato.
Nome: Marco
Oggetto: effetti collaterali
Quesito
Buon giorno, vorrei alcuni chiarimenti su cose che mi accadono da quando cerco di meditare. Quando pongo attenzione al respiro, in qualunque posizione, inizio a sbadigliare, a intervalli regolari e ravvicinati, e ciò interrompe e disturba la mia applicazione. E’ come se il corpo tentasse di contrastare la pratica. Altra cosa fastidiosa, quando chiudo gli occhi, anche nel dormiveglia, vedo pensieri e situazioni attraverso i disegnini di un giochino che faccio sul pc. Grazie per la tua attenzione ai miei stupidi problemi, un abbraccio, Marco.
Risposta
I problemi che hai menzionato sono molto comuni. Purtroppo i miei suggerimenti sono per forza di cose superficiali. Non accettarli supinamente, ma discrimina sempre. Valuta, cioè, secondo le circostanze, le tue preferenze, e scegli quello che ti rende, al contempo, sia più calmo che attivo.
Giustamente fai notare che l’esercizio si basa sull’attenzione. La tradizione della meditazione Vipassana suggerisce di rivolgerla a qualunque cosa si presenti sulllo specchio della mente senza verbalizzare o privilegiare alcunché. Quindi, nonostante l’oggetto primario sia il respiro, anche uno sbadiglio, eventuali immagini, ecc., son più che degne di nota. Da questo punto di vista non v’è nulla che possa disturbarci. I contenuti estranei – come ad esempio determinati ricordi – sopraggiungono, permangono, e se non li alimenti andranno via da soli. Se siedi per un’ora, cammina, come minimo, per due. Ad ogni modo leggi un buon libro, oppure cerca un insegnante noto e qualificato.
Epilogo
La meditazione, come la spiritualità, è un viaggio verso l’interiorità. Ma l’interiorità non è un luogo fisico. Comincia dove finisce la mente personale e fa capolino l’essere-uno con tutti. Assurdo, ve l’immaginate? Il cammino è irto d’ostacoli. Chi ve la fa fare? Non è meglio dedicarsi a festeggiare — magari senza motivo — questa splendida — così sembra — quanto mai limpida giornata in novembre?